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ESORCISMO DI EMILY ROSE (L') - recensione

Titolo: ESORCISMO DI EMILY ROSE (L')
Titolo originale: Exorcism Of Emily Rose (The)
Regia: Scott Derrickson
Interpreti: Laura Linney, Tom Wilkinson, Campbell Scott, Shohreh Aghdashloo, Jennifer Carpenter, Colm Feore, Joshua Close
Anno: 2005

La confezione è impeccabile, ai limiti della patinatura con ottimi costumi, ottime scenografie, effetti speciali curati. Il problema è che ruota intorno al nulla o meglio, ad una presa in giro bella e buona nei confronti dello spettatore, che si ritrova catapultato in una storia vera sulla carta, ma in realtà ricostruita ad arte sulla pellicola, fregandosene della sensibilità delle persone che hanno vissuto il dramma nel non troppo lontano 1976.

 

Padre Moore (Tom Wilkinson) non riesce a completare l'esorcismo sulla giovane Emily Rose (Jennifer Carpenter) perché la ragazza muore prima, dilaniata dal dolore e dalle ferite autoinflitte, in preda a un'isteria dalla contorta e oscura origine.

Questo caso porterà padre Moore in tribunale con l'accusa di omicidio volontario, perpetrato dal prete annebbiato dalle sue credenze religiose e incapace di vedere ciò che poteva annidarsi dentro il corpo di Emily da un'ottica prettamente medica.

Basato su una storia realmente accaduta, il film si trascina tra il filone legal-thriller e l'horror, dosando furbescamente il lato religioso e quello prettamente scientifico/biologico. La caduta abissale la creano il senso di inconcludenza (il film risulta impalpabilmente ibrido nella messa in scena finale) e, soprattutto, l'effigie “Tratto da una storia vera”: ciò irrita in modo scottante in quanto, anche per un profano in fatto di legge, si notano troppi particolari che suonano in maniera decisamente stonata.

In tutta la sequela giudiziaria non si tiene per nulla conto dell'arretratezza e del bigottismo della famiglia che non sarà mai citata in giudizio, quando risulta proprio questo uno dei cardini della reale storia di Emily Rose (vero nome Anneliese Michelle) come si scopre leggendone il dossier storicamente redatto. Il dover inserire scene dove il maligno disturba l'agnostico avvocato inoltre, è una forzatura di troppo, in nessun momento credibile e creata ad hoc per riempire i buchi, sottolineando il versante horror della pellicola.

Una nota positiva è data dall'ottima interpretazioni della Carpenter, esasperata e dolorosa, concreta e triste, che riesce ad evitare di cadere nell'esagerazione dando vita ad un personaggio che buca lo schermo e che verrà ricordato per molti anni, al fianco della (ai tempi) piccola Linda Blair.
Tutto il resto vale poco: incoerente, ripetitivo e scaltramente dogmatico.



scritto da: Giulio De Gaetano


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