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HALLOWEEN KILLER - recensione

Titolo: HALLOWEEN KILLER
Titolo originale: Satan's Little Helper
Regia: Jeff Lieberman
Interpreti: Alexander Brickel, Katheryn Winnick, Stephen Graham, Amanda Plummer, Wass Stevens, Dan Ziskie, Melisa McGregor
Anno: 2004

Dopo anni di assenza dai circuiti cinematografici il buon vecchio Jeff torna con questo slasher destinato direttamente al mercato dell’home video, e lo fa con quel gusto per l’ironia e il grand guignol che già faceva capolino in Squirm.

La struttura narrativa di HALLOWEEN KILLER omaggia apertamente Halloween di John Carpenter, ma con molta più cattiveria dell’originale (non mancano comunque riferimenti a blood & gore anni 80, valga per tutti Il Tunnel Dell’Orrore di Tobe Hooper).

 

Gli appassionati dell’eco-thriller (ovvero, horrorazzi a base di animali che si rivoltano contro l’uomo, stravolgendo in maniera determinante le gerarchie della catena alimentare) ricorderanno certamente il regista Jeff Lieberman e il suo raccapricciante Squirm (in Italia uscito col titolo I Carnivori Venuti Dalla Savana), in cui famelici vermiciattoli di palude diventavano aggressivi e pasteggiavano con gli ignari abitanti di un piccolo villaggio rurale del Nordamerica.

Lo spunto di partenza è lo stesso di Halloween: uno psicopatico mascherato decide di festeggiare la Vigilia d’Ognissanti a modo suo, ovvero torturando e massacrando tutti gli incauti che incroceranno il suo cammino. Ma il caso vuole che il suo itinerario sanguinolento lo porti a fare la conoscenza del piccolo Andrew, bimbetto dalla fervida immaginazione e appassionato di un videogame piuttosto cruento che si chiama Satan’s Little Helper (da qui il titolo originale, senz’altro più accattivante di quello orrendo scovato dai distributori nostrani).

Suggestionato dal giochino e dal mascherone demoniaco indossato dal killer, Andrew non ci mette molto a convincersi di avere a che fare con Satana in persona e si offre di fargli appunto da aiutante. Ha inizio una sorta di commedia nera degli equivoci, con l’assassino che viene scambiato per il fidanzatino della sorella di Andrew e se ne va in giro indisturbato a collezionare nefandezze.

 

La suspence fa capolino qua e là, ma si capisce che agli sceneggiatori non importa più di tanto far venire la pelle d’oca e neanche disgustare eccessivamente lo spettatore, sebbene le efferatezze non manchino (fra le varie piacevolezze imbastite per gli aficionados un’eviscerazione piuttosto efficace e dettagliata).

Quel che realmente fa da motore al plot è il gusto per il “politicamente scorretto”, il tutto sembra ideato da un ragazzino in vena di scherzi sadici (del resto lo stesso Lieberman, in un’intervista rilasciata a Nocturno Cinema, ammette di aver concepito il soggetto come “un grande gioco”* ).

Alcune situazioni sono a metà fra humor e ricerca dell’effettaccio (basti pensare all’incredibile scena in cui il folle spiaccica un gattino contro la parete per tracciare col sangue la scritta “boo!”) e in linea di massima si arriva quasi a provare un senso di colpevole complicità con il mostro, divertiti come siamo dall’inventiva delle sue birbonate più crudeli.

 

Gli attori (fra i quali spicca la brava Amanda Plummer, forse meritevole di ruoli più incisivi) sono convincenti, e quel che penalizza l’edizione italiana è un doppiaggio francamente così così (la voce del marmocchio fa rimpiangere che la belva non lo faccia fuori per primo).

L’impressione generale è comunque quella di un prodotto disimpegnato e proprio per questo godibile, lontano com’è dalla pretenziosità e dalle finzioni patinate di tanti prodotti del genere che infestano il grande schermo. Un guilty pleasure, come quelle barzellette di cattivo gusto che alla fin fine ti fanno ridere comunque; e in fondo, che male c’è?  Astenersi anime candide.

(*) Nocturno Cinema n° 33, Aprile 2005



scritto da: Corrado Artale


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