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CENTIPEDE HORROR - recensione

Titolo: CENTIPEDE HORROR
Titolo originale: Wu Gong Zhou
Regia: Keith Li
Interpreti: Hussein Abu Hassan, Chu-kwong Chan, Suet Ming Chan, Szu-ying Chien, Li-fen Han, Stephen T.F. Lau, Kiu Wai Miu
Anno: 1984

La trama è una barzelletta: millepiedi killer pilotati dalla mente di un santone che vuole uccidere una ragazza. L'unica soluzione per annullare la furia omicida delle bestie assassine è un amuleto magico che lei si dimentica di portare al collo.

 

Per salvarla interviene il fratello che, grazie a un altro santone, riesce a debellare i millepiedi con la forza del pensiero, pilotando un serpente velenoso nella mente del santone cattivo, che imploderà in un bagno di sangue. Roba da chiodi.

 

Il film annoia per 50 minuti, poi decolla grazie a scene di raro disgusto accompagnate da effetti sonori fastidiosissimi. Ma il risultato resta comunque una porcheria senza pari. Scene pazzesche: i millepiedi attaccano il fratello della ragazza e lui anziché, scappare rimane seduto sul letto prendendoli a cuscinate. Una donna vomita una ventina di scolopendre vive. Risibili poi le scene degli esorcismi e delle guerre telepatiche tra i due santoni baffuti e capelloni.

 

CENTIPEDE HORROR è una produzione poverissima realizzata nelle Filippine, terreno fertile per produzioni deliranti e fuori da qualsiasi schema. Il budget dell'operazione è praticamente nullo, le locations improvvisate e gli attori sono una banda di disperati reclutati per l'occasione e pagati probabilmente con un piatto di minestra.

 

Il punto forte del film dovrebbe essere la miscellanea di stregoneria e scene schifose, ma il risultato è una pellicola talmente brutta che per questo quasi quasi si merita di essere vista. Mai uscito in Italia, CENTIPEDE HORROR è comunque circolato molto nei cineclub sotterranei. Chissà cosa pensano in patria di questo film... Pellicole come questa danno l'idea di ciò che viene prodotto nel resto del mondo e che spesso non conosciamo.

 

Da vedere lontano dai pasti, se proprio ci tenete...



scritto da: Marco Mazzeschi


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