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DEATH TUNNEL / LA MALEDIZIONE - recensione

Titolo: DEATH TUNNEL / LA MALEDIZIONE
Titolo originale: Death Tunnel
Regia: Phillip Adrian Booth
Interpreti: Steffany Huckaby, Melanie Lewis, Yolanda Pecoraro, Kristin Novak, Annie Burgstede, Jason Lasater, Gary Wolf, Robyn Corum
Anno: 2005

DEATH TUNNEL sarebbe un film da vedere senza dialoghi ma solo con l'ausilio della musica. Malato al punto giusto, è diretto da un autore abile nel trasmettere sensazioni attraverso le immagini, ma totalmente inappropriato a creare una storia avvincente.

 

Cinque ragazze, cinque piani, cinque ore. Una strana prova d'iniziazione quella che viene proposta a queste sventurate: tramortite e mascherate con un cappuccio, vengono lasciate "libere" di scorrazzare all'interno di un sanatorio, luogo dove anni prime esplose una terribile epidemia. Per cinque lunghe ore. Naturalmente, come vuole la buona tradizione horror, niente è quello che sembra, perché i vari piani racchiudono diverse realtà.

DEATH TUNNEL pesca a piene mani dalle visioni infernali del videogame Silent Hill e riesce a trasmettere un senso quasi cosmico di malattia e contagio. Il male che deteriora le mura di un ospedale, arriva qua a corrodere la carne di chi ci abita. Feuerbach diceva che “noi siamo quello che mangiamo”,ampliando questo concetto anche nei luoghi che frequentiamo, negli oggetti che arriviamo a toccare. Temi già trattati ma affrontati meglio altrove, valgano per tutti il classico di Dan Curtis Ballata Macabra o l'orientale Infection, giusto per fare due esempi.

 

Peccato, perché il regista è tutto fuorché inetto e, se andiamo a spulciare il suo curriculum, troviamo che prima di questo girò un documentario intitolato Spooked: The Ghosts of Waverly Hills Sanatorium. Il sanatorio è sempre lo stesso, il Waverly Hills . Anche perché la storia alla base di questo horror è vera.

 

Nei primi anni del secolo scorso, questo istituto era adibito alla cura della tubercolosi, la cosiddetta “morte bianca”. Per debellarla venivano azzardate terapie bizzarre e inefficaci, col risultato che le morti non si contarono, arrivando perfino a pratiche talmente barbare che la morte appariva come un sollievo.
Anche dopo la cura e il cambio di nome in “Woodhaven Geriatrics Sanitarium”, l'eco di voci che parlavano di torture e privazioni non si spense. Come dire che una casa non dimentica il "Male" che è vissuto al suo interno.
Scenario affascinante, ma come già detto usato piuttosto male dal giovane regista.

 

Non basta iniettare in una storia spunti modaioli alla Saw per creare un buon horror. Come non basta avere talento visivo per girare un film.  I videoclip sono una cosa, il cinema è altro.  E dispiace davvero che il film abbia una chiusa così romantica e disperata da ricordare il Margheriti di Danza Macabra, perché in mezzo alla carne marcia anche il piatto più prelibato diventa indigesto.

E anche il tema della metempsicosi è materia tutt'altro avariata, ma che non trova qui motivo di interesse.
Peccato. Peccato. Peccato.



scritto da: Francesco Cortonesi


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