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FAUST - recensione

Titolo: FAUST
Titolo originale: Faust
Regia: Brian Yuzna
Interpreti: Mark Frost, Isabel Brooke, Jeffrey Combs, Mònica Van Campen, Andrew Divoff
Anno: 2001

Riduzione da una graphic novel spenta e confusionaria, mal realizzata da uno Yuzna stranamente manieristico e risibilmente calligrafico.

 

Sul punto di suicidarsi, dopo che un gangster gli ha fatto fuori la donna, un pittore viene salvato dall’emissario di Satana (tale misterioso M) che gli offre in cambio della sua anima la possibilità di vendicarsi. Le cose però non vanno come dovrebbero e l’artista, troppo nobile e sensibile, dopo essersi atrocemente vendicato si rifiuta di compiere ulteriori stragi per asservire il suo demoniaco benefattore. Nel frattempo, si innamora della psicologa che lo ha in cura e cerca di proteggerla dalle mire di M, che la vorrebbe usare come matrice dell’Anticristo. Finale all’amatriciana (con molto sugo di pomodoro e pezzi copiosi di carne).

 

Brian Yuzna, dopo un buon numero di film che vanno dal passabile The Dentist all’ottimo Society, incappa in uno dei peggiori incidenti di percorso della sua carriera, sia come regista che come produttore. FAUST è un film fracassone e confuso come la sua colonna sonora, malamente montata su scene che scambiano l’agitazione per tensione e finiscono per generare sonori mal di testa.

 

Il tutto viene servito accompagnato da continue spruzzatine di ironia che, invece di addolcire il palato già piuttosto offeso dell’acre pietanza, finiscono per peggiorare la situazione. Il cast è professionale, fra tutti spiccano Andrew Divoff e Mònica Van Campen, anche se non sono in grado di dare spessore a personaggi piatti e schematici come non mai.

 

FAUST è uno scivolone di un regista che, in altre occasioni, aveva dimostrato di avere cose interessanti da dire. Da dimenticare.



scritto da: Michael Wotruba


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