a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z 123




ALONE - recensione

Titolo: ALONE
Titolo originale: Alone
Regia: Banjong Pisanthanakun, Parkpoom Wongpoom
Interpreti: Marsha Wattanapanich, Withaya Wasukraipaisan, Ratchanoo Bunchootwong,Hatairat Egereff, Rutairat Egereff
Anno: 2007

Al capezzale della madre moribonda, una giovane donna inizia a subire persecuzioni ultraterrene dallo spirito della gemella defunta. Nel tentativo di aiutarla, il suo compagno indagherà sul suo passato, da cui pian piano emergerà una terribile verità. Ennesima incursione orientale nel mondo dei fantasmi inquieti e vendicativi. Poco originale ma non privo di una discreta suspense.

 

Cos’è che spinge un fantasma a manifestarsi nel mondo dei vivi? In un racconto horror, sussistono pochi dubbi: il desiderio di vendetta è quasi sempre la causa scatenante. ALONE non sfugge alla regola, come a tutti i luoghi comuni del filone del resto. Una sagra del già visto, per di più aggravata da dialoghi piatti e banali e personaggi tagliati con l’accetta.

 

Eppure non si può negare una certa efficacia spettacolare a questo horror thailandese: i momenti da pelle d’oca ci sono, il giochino è telefonatissimo ma la voglia di vedere come va a finire prevale sulla noia. La sceneggiatura punta molto sul labile confine fra realtà e fantasia, per cui lo spettatore rimane nel dubbio se le apparizioni spettrali siano concrete o parti della mente sconvolta della protagonista.

 

Si citano paure passate in celluloide come The Ring e Two Sisters, ma dispiace che un soggetto potenzialmente interessante come quello dei gemelli siamesi sia stato sfruttato in maniera così poco fantasiosa e prevedibile. Del resto, l’ambiguità nelle ghost stories è stratagemma ampiamente collaudato, da Henry James in poi.

 

Scritto a più mani (il regista è fra gli autori della sceneggiatura) e distribuito in patria nel 2007, ALONE è approdato da noi fra le anonime programmazioni estive usa e getta. Fra le poche note positive del film, ci sono i flash-back sull’infanzia traumatica delle due bambine: ne scaturisce un senso di disagio il cui realismo disturba più dell’armamentario gotico-paranormale di cui la storia è infarcita.

 

Di fronte alla minacciosa notizia in merito a un possibile remake indiano, vien da chiedersi: possibile che il nuovo cinema orientale dell’orrore debba a tutti i costi assimilare il peggio delle produzioni occidentali? Da Sadako in poi è stato tutto un proliferare di larve femminili con un pessimo carattere, costrette a improvvisarsi detective dell’occulto per individuare le cause di un’infestazione spiritica che lo spettatore ha scoperto più o meno dopo un quarto d’ora dall’inizio della proiezione. Miopia dei distributori nostrani, più interessati a modelli ovvi e plateali che a cose potenzialmente innovative? Chissà.

 

O non sarà forse che anche gli affabulatori asiatici sono rimasti fermi al palo?



scritto da: Corrado Artale


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