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SHUTTER ISLAND - recensione

Titolo: SHUTTER ISLAND
Titolo originale: Shutter Island
Regia: Martin Scorsese
Interpreti: Leonardo Di Caprio, Michelle Williams, Ben Kingsley, Max Von Sydow, Elia Koteas, Emily Mortimer, Patricia Clarkson
Anno: 2010

Deciso a far luce sulla scomparsa misteriosa di un paziente in un manicomio criminale, un detective dall'ambiguo passato si introduce nella clinica, fronteggiando depistaggi da parte di medici e personale e perseguitato da strane allucinazioni. La verità è agghiacciante e per coglierla dovrà affrontare i propri demoni personali...

 

Tratto dal best-seller di Dennis Lehane, SHUTTER ISLAND è un thriller psicologico di grande impatto visivo, magistralmente diretto ed interpretato. Nella postfazione al ciclo letterario La Torre Nera, Stephen King scrive che l’importante non è il finale di una storia ma il modo in cui ci si arriva.

 

Ciò è senz’altro vero per questo film: già il romanzo ispiratore di Dennis Lehane porta avanti un giochino spudoratamente prevedibile, poiché l’idea di ambientare un’indagine criminale all’interno di un manicomio è vecchia come il brodo e chi ha visto Il Gabinetto Del Dottor Caligari non avrà difficoltà ad afferrare la soluzione dell’enigma.

 

E’ il percorso obbligato per chiunque voglia sciogliere il bandolo della matassa che fa la differenza; un viaggio nei tortuosi e ingannevoli labirinti dell’inconscio, tenuti per mano da un maestro come Scorsese che, come già avveniva in Cape Fear, si diverte a riproporre gli archetipi del cinema hollywoodiano dei tempi che furono con il suo innegabile talento visionario.

 

Si cita a piene mani, ovviamente, Il Corridoio Della Paura di Sam Fuller, ma è soprattutto allo Shining di Stanley Kubrick (da cui Scorsese riprende alcuni brani della colonna sonora) che viene da pensare, con le sue visioni di morte che forse provengono dalla mente del protagonista e forse sono filtrate davvero da una dimensione ultraterrena.

 

Una clinica psichiatrica che rappresenta metaforicamente il buio della mente, in cui stipiamo i ricordi sgradevoli di cui faremmo volentieri a meno; un mellifluo psichiatra che desta più sospetto che fiducia, poiché il suo compito non consiste nel darci la pace ma nel restituirci all’inferno del mondo reale che preferiremmo si dimenticasse di noi; un ambiente esterno ostile, selvaggio, dominato da tempestosi paesaggi naturali che rendono impossibile la fuga (fuga verso cosa, poi?).

 

L’acqua domina tutto; acqua che perde la sua simbologia purificatrice, trasformandosi in qualcosa di sudicio, infetto. Il fiume Acheronte, per esempio (ideale percorso verso una dimensione infernale, quella che detiene le menti distrutte dalla follia dei pazienti del manicomio), il mare in tempesta che circonda l’isola e inghiotte chiunque tenti di abbandonarla, la pioggia che batte instancabile sulle inferriate delle finestre, memento di una libertà che chi soggiorna alla clinica potrebbe aver perduto per sempre. La verità in fondo è a portata di mano, ma è troppo atroce nella sua semplicità per essere accettata.

 

Quello che agli occhi di un terapeuta sfiduciato appare come una sconfitta e un’ingiusta condanna, può rivelarsi un’espiazione e un balsamo per lo spirito che la guarigione dalla malattia non garantirebbe (la verità forse rende liberi ma non necessariamente felici).

Scorsese gioca con perizia la carta del grand guignol, avvalendosi dell’interpretazione di un Di Caprio in stato di grazia e di un contorno di personaggi insinuanti e sulfurei come il medico interpretato da Ben Kingsley e un redivivo Max Von Sydow nei panni del direttore. Thriller? Horror? Mistery? Forse tutto questo e altro ancora. Ma SHUTTER ISLAND è soprattutto il ritorno di un grande maestro del cinema che dovremmo tenerci stretto.



scritto da: Corrado Artale


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