
Titolo: MASCHERA DI CERA (LA)
Titolo originale: Mystery Of The Wax Museum
Regia: Michael Curtiz
Interpreti: Lionel Atwill, Fay Wray, Glenda Farrell, Frank McHugh, Allen Vincent, Gavin Gordon, Edwin Maxwell, Holmes Herbert
Anno: 1933
Controverso horror della Warner. Sembra più una commedia che un film di paura. Al botteghino fece sfaceli grazie anche alla avveniristica scelta di presentarlo a colori. A onor del vero è però piuttosto noioso.
Ivan Igor è uno scultore che si dedica alla realizzazione di meravigliosi personaggi di cera per il museo che gestisce con un socio. A quest’ultimo balena in testa l’idea di dar fuoco a tutto quanto per incassare i soldi dell’assicurazione, ma l’artista naturalmente rifiuta. Nel parapiglia che ne scaturisce Igor resta orribilmente ustionato e perde le mani.
Ripresosi dall’incidente, torna qualche anno dopo sulla cresta dell’onda grazie alla creazione di nuove splendide statue. Nessuno però sospetta che i perfetti tratti somatici siano ottenuti mediante l’utilizzo di cadaveri. Con il passare del tempo il Nostro decide di superare sé stesso e di provare ad usare persone vive.
La storia del cinema horror americano degli anni '30 ci insegna: mentre alla Universal si davano da fare per portare sul grande schermo mostri destinati a diventare icone immortali, alla Warner Brothers si cercava di investire sulla tecnologia convinti che la scelta avrebbe dato presto i suoi frutti.
Fu probabilmente per questo che LA MASCHERA DI CERA, primo libero adattamento di Il Museo Delle Cere, celebre romanzo di Gaston Leroux, fu presentato a colori, mentre quasi tutte le produzioni hollywoodiane erano ancora rigorosamente in bianco e nero. La scelta in effetti, a tutta prima non risultò particolarmente vincente perché molti fotogrammi finirono per cadere sotto le forbici della censura che trovò “disgustosi” i trucchi, resi sin troppo realistici dall’utilizzo del pigmento.
Nonostante questo, il film ottenne comunque il suo bel riscatto al botteghino chiudendo la stagione in testa alla classifica dei maggiori incassi dell’anno. Rivoluzioni tecnologiche e denari a prescindere, LA MASCHERA DI CERA non è però così interessante come ci si potrebbe aspettare. Ha infatti più i toni della commedia che quelli del cinema dell’orrore e a tratti sfodera persino un umorismo piuttosto stupidino.
Assolutamente privo di atmosfera macabra, l’opera di Curtiz punta infatti fondamentalmente sul tentativo di costruire una storia ironicamente plausibile, in grado di far sorridere lo spettatore più che spaventarlo. Oltre alla rivelazione del mostro che ricorda quella del Joker di “Batmaniana” memoria, di interessante non c’è poi molto altro.
Come detto ci si annoia abbastanza, anche se il make up che sconvolge la fisionomia di Lionel Atwill è notevole e vale la visione. A pensarci bene anche il sottotesto necrofilo fa un certo effetto, ma non basta a pareggiare i conti con l’odiosa giornalista interpretata da Glenda Farrell che qui si dimostra di un antipatia quasi letale. In definitiva, uno dei classici horror meno interessanti e dinamici dei gloriosi anni '30.
Curiosità: come ricorda David J. Skal nel suo bellissimo saggio The Monster Show, tale B. O. Skinner, noto censore di Hollywood, non fece mancare ai suoi estimatori una perla dedicata al film di Curtiz e dichiarò: “ Noi approviamo, come sapete, questo film con alcune soppressioni. E’ mia intenzione, comunque, esprimere una protesta formale. Il film contiene diversi elementi che riteniamo discutibili, come l’appiccare fuoco al museo per ottenere i soldi dell’assicurazione, nominare un veleno e spiegare come farlo assumere per provocare la morte, l’utilizzo di droga e inoltre il tono orrorifico generale. Ritengo che sarebbe molto meglio per tutti se cessasse la produzione di questo genere di film.”
Curiosità numero 2: Lionell Atwill avrebbe raggiunto successivamente la fama proprio grazie ai film dell’orrore. Memorabile la sua interpretazione di Krogh in Son Of Frankenstein.
Curiosità numero 3: I primi cinque minuti del film di Cruitz sono stati riproposti in identica maniera nel remake del 1953 con Vincent Price, che tra l’altro assomiglia incredibilmente ad Atwill. Bellissimo omaggio.