a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z 123




SILK - recensione

Titolo: SILK
Titolo originale: Guisi
Regia: Chao-Pin Su
Interpreti: Yosuke Eguchi, Chen Chang, Kar Yan Lam, Barbie Hsu, Bo-lin Chen, Chun-Ning Chang, Fang Wan, Kuan-Po Chen
Anno: 2006

E’ possibile che, per circostanze misteriose, l’energia di un corpo morente rimanga sulla terra sotto forma di fantasma? Un’equipe di scienziati e poliziotti indaga sul tema. Il primo passo è ovviamente quello di catturare una presenza e scoprire perché vaghi fra i vivi, muta e abitudinaria, senza disperdersi nell’etere. Queste le premesse di SILK, un'intrigante ghost story dal sapore ipertecnologico che cerca, riuscendoci però solo in parte, di reinventare certi topoi ormai abusati nel cinema horror orientale.

 

Si può catturare un fantasma? L’interrogativo alla base del film è questo e la risposta, a dispetto delle usuali lunghe attese, ci viene data immediatamente. Sì, si può, a patto di possedere del fantomatico Menger Sponge, una sostanza costruita con nanotecnologie, capace di catturare e contenere l’energia oltre che di annullare la forza di gravità.

 

Non parte male SILK: l’azione si gioca sulla commistione di generi, spaziando dall’action movie al melodramma. La scena è largamente dominata dalla fantascientifica equipe di ricercatori guidata dal giapponese Hashimoto, bizzarro inventore di poco plausibili tecnologie, zoppo e animato da profondo rancore nei confronti di una vita tormentata dal diabete.

 

Ben presto scopriremo che Hashimoto maschera le proprie reali intenzioni dietro al pretesto della ricerca scientifica: la detection poliziesca da lui innescata per scoprire come e dove sia morto il fantasma catturato è in realtà parte di un suo piano per liberarsi dalle sofferenze causate dalla malattia e poter vivere in eterno senza preoccupazioni.

SILK è un film sui fantasmi, ma è anche una storia sulle relazioni tra persone, sui solidi seppur invisibili legami che avvicinano madri e figli e, più in generale, le persone amate. Lo testimonia il filo di seta, virtualmente infinito, che dalla proiezione extramaterica del defunto bambino, si ricollega alla madre, traendo da essa l’energia necessaria per non farlo svanire.

 

A conti fatti è un buon film. Peccato non mantenga del tutto le innovative premesse iniziali e inciampi talora nei più scontati stilemi che hanno fatto la fortuna di pellicole come Ringu o Ju-On.



scritto da: Michele Triboli


comments powered by Disqus