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OLTRE I CONFINI DEL MALE: INSIDIOUS 2 - recensione

Titolo: OLTRE I CONFINI DEL MALE: INSIDIOUS 2
Titolo originale: INSIDIOUS: CHAPTER 2
Regia: James Wan
Interpreti: Patrick Wilson, Rose Byrne, Barbara Hershey, Ty Simpkins
Anno: 2013

Il secondo capitolo della saga di Insidious inizia con un flashback che ci porta al 1986, ai tempi dell’infanzia di Josh Lambert. Il piccolo Josh aveva sviluppato la capacità di abbandonare il proprio corpo e di viaggiare sul piano astrale, vivendo esperienze simili a quelle che decenni più tardi sarebbero toccate a suo figlio Dalton. Anche lui si era allontanato così tanto dalla nostra dimensione da attirare su di sé l’attenzione di un’entità maligna, anche lui aveva corso seri pericoli. Sua madre, con l’aiuto di una medium, era riuscita a fargli dimenticare tutto.

L’azione torna ora dove terminava il primo episodio: Josh ha strangolato la medium, si teme (ma ne abbiamo praticamente la certezza) che sia posseduto. La moglie e i figli si trovano a condividere la stessa casa con un padre sempre più fuori controllo (non si può fare a meno di cogliere qualche citazione, anche visiva, da Shining).

 

Il seguito di Insidious, accolto malamente dalla critica americana, non è privo di pregi. Il primo creava una tensione crescente ma si afflosciava quando venivano svelate le forme dell’entità nemica; questa volta l’antagonista è abbastanza credibile. I due film sono strettamente collegati; ora il regista si dedica a risolvere molti degli interrogativi che aveva posto. Ci riesce, e bisogna dire che non era un compito facilissimo.

Il principale punto di forza è, ancora una volta, la rappresentazione dell’”altro mondo”. L’indagine dei protagonisti e la loro lotta con l’Entità Nemica si svolgono su due piani, quello terreno e quello degli spiriti. Gli spazi delle nostre case che crediamo di conoscere così bene si rivelano crocevia oscuri e fumosi nei quali si aggirano i morti: alcuni sono malvagi, altri buoni, e il loro aiuto può esserci indispensabile.

 

C’è qualcosa in comune tra i film della saga di Insidious e quelli di Paranormal Activity, e forse non è un caso che ambedue le serie siano prodotte da Oren Peli. La computer grafica viene rigorosamente bandita, lo splatter è ridotto al minimo e si cerca di suggestionare e spaventare lo spettatore ricorrendo unicamente a mezzi di regia. Abbiamo di fronte due filoni di ricerca tendenti a un unico obbiettivo, ma basati su due concetti molto diversi. I capitoli di Paranormal Activity sono ambientati in case che sono il massimo dell’ordinario, la telecamera è fissa o costretta a movimenti automatici, la creatura soprannaturale non si fa mai vedere; qui abbiamo invece interni superdecorati (anche i motivi sulla carta da parati sono stati scelti accuratamente), la telecamera è a tratti portata a mano, le presenze diventano visibili. Si cerca di far regredire il punto di vista dello spettatore a quello di un bambino che si muove impaurito e incerto sulle gambe all’interno di un ambiente troppo grande e oscuro, nel quale sospetta si possa nascondere qualcosa…


Accanto all’influenza dell’estetica dei film di fine anni ’70 (il cromatismo di Suspiria, ad esempio) c’è quella delle convenzioni teatrali (il trucco esagerato dei fantasmi, i loro gesti solenni, la ripetizione di scene identiche ma caricate di differente valore); probabilmente anche le atmosfere dei videogiochi horror hanno la loro importanza come fonte (Peli nasce come disegnatore progettista di videogame). Moltissimi sono gli oggetti e le immagini che provengono dal recente passato: anche i mezzi usati per comunicare con gli spiriti, tutti narrativamente efficaci, sono vintage (il gioco dell’ “acqua” e “fuoco”, i dadi con le lettere e “il telefono senza fili”).

 

L’originalità delle scelte estetiche differenzia Oltre i confini del male: Insidious 2 da tanti filmetti inutili e tutti uguali... ma di certo non bastano alcune trovate, una bella carta da parati e delle belle scenografie a fare un capolavoro. Chi volesse un po’ di brividi, o chi fosse alla ricerca di un prodotto veramente innovativo, farebbe meglio a scegliere un altro film. Questo riesce a catturare la nostra attenzione di spettatori e a regalarci alcuni momenti di divertimento, ma quando finisce è probabile che facciamo come Josh e figlio: semplicemente, dimentichiamo tutto.



scritto da: Andrea Berneschi


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