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DONNA LUPO DI LONDRA (LA) - recensione

Titolo: DONNA LUPO DI LONDRA (LA)
Titolo originale: She-wolf Of London
Regia: Jean Yarbrough
Interpreti: June Lockhart, Don Porter, Sara Haden, Jan Wiley
Anno: 1946

Phyllis accetta la proposta di matrimonio di Barry, ma ben presto si convince di essere la responsabile di efferati omicidi che avvengono durante la notte e dei quali non si ricorda nulla, salvo per gli indizi trovati al suo risveglio. Vive nella stessa casa con la zia e la cugina che tentano di toglierle dalla testa queste bizzarre fissazioni, ma…

 

La Universal, dopo aver dato vita alle sue maschere più celebri, al fine di cavalcare l’onda del successo, decise di dare una sterzata rosa alle sue creature. Ecco che nacquero mogli e figlie dei mostri, dimostrazione di come persino l’orrorifico sentisse l’esigenza di spartirsi equamente tra i due generi.

 

SHE-WOLF OF LONDON è però un esempio a parte, una digressione rispetto al marchio originario, fin dal plot che si dissocia dall’immaginario di Larry Talbot, contestualizzando la vicenda nella tipica Londra da whodunit, tra qualche residuo gotico (l’incombente nebbia e l’enigmatica casa signorile)  e forzate sfumature noir (l’oscurità è più umana e allucinatoria, piuttosto che soprannaturale).


Lo spettatore si ritrova in un triangolo femminile, dove, la progressiva interpretazione degli indizi ribalta senza chissà quale sorpresa le congetture iniziali. Dietro la presunta colpevolezza della fragile Phyllis, infatti, c’è l’ombra di una meschina manipolazione della verità. Un poco credibile conflitto servo/padrone risolverà l'enigma, con un'ingenuità degna di uno script arrabattato.

Questa pellicola mannara non vanta uno sguardo degno di nota e rimane piuttosto ingessata nel meccanismo del giallo, ulteriormente minato dai vari snodi narrativi frettolosi di arrivare alla scoperta del (palese) colpevole.

 

Ancor più opinabile è la scelta spericolata di non mostrare mai la creatura in atto, un logico espediente per non far svelare l’assassina.
Si tratta di una chiara disattesa verso la curiosità stessa dello spettatore, abituato a interagire in maniera diretta con i primi piani di un Bela Lugosi o un Boris Karloff , il cui mostruoso trucco veniva intensificato da uno sguardo in camera di forte impatto.
Come a dirci che loro ci vedevano ed era il momento di iniziare ad aver paura.



scritto da: Marco Compiani


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