
Titolo: GRINDHOUSE / A PROVA DI MORTE
Titolo originale: Grindhouse: Death Proof
Regia: Quentin Tarantino
Interpreti: Kurt Russell, Rosario Dawson, Zoe Bell, Vanessa Ferlito, Sydney Tamiia Poitier, Tracie Thoms, Rose McGowan
Anno: 2007
Un ex-stuntman affetto da mania omicida, prende di mira comitive di giovani ragazze disinibite e le massacra simulando incidenti. Il destino e un terzetto di stunt in gonnella gliela faranno pagare cara. Incursione nell'horror dal regista di Pulp Fiction e Kill Bill: sangue, erotismo, ironia e citazioni sparse al cinema di genere anni '70. Imperdibile per i fans.
Premessa: il film di cui ci accingiamo a discorrere non è la versione originariamente concepita per le sale. GRINDHOUSE nasce da un progetto di Quentin Tarantino e Robert Rodriguez: un horror diviso in due episodi, un omaggio dichiarato al cinema popolare dei tempi che furono, sporco e proletario ma tanto grintoso.
Pellicola graffiata e tremolante, finti trailers (fra gli autori dei fake ci sono delle giovani stelle dell’horror contemporaneo come Rob Zombie ed Eli Roth), donnine tutte curve e linguacciute, inseguimenti stradali, mostri e killers psicopatici, effettacci… Gli ingredienti c’erano tutti. Ma Hollywood ha leggi ferree e un simile gesto di anticonformismo in celluloide difficilmente poteva passare indenne. La logica imperante delle multisale non si sarebbe mai lasciata sfuggire la possibilità di vendere più biglietti: e così, com' era già avvenuto con Kill Bill pure stavolta ci ritroviamo una pellicoila splittata in due.
L’episodio di Tarantino (successivamente toccherà al Planet Terror di Rodriguez) si è rivelato un flop al botteghino. Per nulla scoraggiato, il buon vecchio Quentin l’ha rimontato, aggiungendo le scene tagliate (segnaliamo fra il materiale recuperato un numero di lap dance di incredibile sensualità, capace di far impallidire le curve siliconate dello Showgirls di Verhoeven) e presentandolo presso i circuiti europei.
Il risultato è un lungometraggio autonomo che se da un lato lascia l’amaro in bocca per quel che avrebbe potuto essere e non è stato, dall’altro delizierà i fans del regista americano e di un certo tipo di cinema. Gli omaggi si sprecano, dai thrilling di Dario Argento a Russ Meyer.
Kurt Russell, laido e gigionesco al punto giusto, è un perfetto villain da antologia e i dialoghi sboccati e travolgenti entrano di diritto nella miglior tradizione tarantiniana. A spiccare su tutto, è però la consueta abilità di Tarantino, che riesce a mescolare divertimento e orrore con grande classe, facendo esplodere la violenza in maniera fulminea e insostenibile.
La prima parte è più impostata sul thriller/horror, con abbondanza di sangue e mutilazioni, la seconda vira invece verso il rape&revenge, mostrando il cattivo di turno che va incontro al meritato castigo, in un adrenalinico inseguimento automobilistico che guarda sia ai road movies a stelle e strisce come Duel e Punto Zero che ai polizieschi all’italiana di Castellari & Co.
Grande spettacolo volutamente rozzo ma in realtà elegantissimo nel suo amore cinefilo, da gustare fotogramma per fotogramma nel suo spirito anarcoide e dispettoso.