a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z 123




DEADGIRL - recensione

Titolo: DEADGIRL
Titolo originale: Deadgirl
Regia: Marcel Sarmiento, Gadi Harel
Interpreti: Shiloh Fernandez, Noah Segan, Candice Accola, Eric Podnar, Jenny Spain, Nolan Gerard Funk, Andrew DiPalma
Anno: 2008

Rickie e J.T. sono due teenagers americani “perdenti” e senza prospettive, che passano i loro giorni marinando la scuola e sognando ragazze che non se li filano neanche di sfuggita. Per fare una bravata entrano in un istituto psichiatrico abbandonato e iniziano a devastarne le finestre e i mobili. Un cane che gira per gli oscuri e sporchi corridoi dell’istituto li spaventa; i due scappano, si perdono in cunicoli sempre più stretti, fino a che in una stanza nascosta trovano, legata a un letto con delle manette e coperta da un telo di plastica, una donna nuda. Non è morta, ma non è neanche viva…

Cosa fare in questi casi? Forse è proprio quando ci si trova di fronte all’assurdo, quando non possiamo contare sulle risposte preconfezionate che la nostra cultura ci fornisce, ma dobbiamo metterci in gioco, che si capisce chi siamo veramente. Davanti al miracolo (o al nefasto prodigio) che hanno davanti, Rickie è attratto e orripilato al tempo stesso; J.T. commenta: “Certo, lei è una specie di… mostro, più o meno… ma è il nostro mostro”. Decide così di farne la sua schiava sessuale, in fondo secondo lui non si tratta di un vero essere umano e approfittarsene è facile, perché è indifesa… Fin tanto che rimane legata.

DEADGIRL ha un cast composto quasi interamente da teenagers, ma non è uno dei soliti horror adolescenziali: tanto per cominciare, i giovani che rappresenta non sono mai idealizzati, le loro vite sono presentate come apatiche e malate ancor prima che la scoperta della ragazza zombie nel sotterraneo le sconvolga. Sono infantili e velleitari, non hanno punti di riferimento (l’unico adulto col quale Rickie parla è il compagno della madre, sempre mezzo ubriaco, mentre a J.T. è rimasta solo la nonna) e non hanno ideali. Neanche Rickie attira la nostra simpatia, semmai ci fa pena: non si sforza per migliorare la sua condizione, sa agire solo d’impulso e i suoi desideri sono regressivi (sogna di tornare insieme a Joann Skinner, con cui era fidanzato a dodici anni).

La ragazza zombie è solo un’epifania, una cartina tornasole, l’elemento che mette in evidenza un disagio preesistente. Viene da chiedersi se i veri zombie del film non siano gli adolescenti che la trovano (e da questo punto di vista, forse non è un caso che per tutto il film le ferite che si procurano stentino a rimarginarsi, come se la loro forza vitale fosse corrotta).

 

Altro elemento che distanzia DEADGIRL dai tipici film per teenagers è che la storia non è narrata in modo ironico (se c’è ironia, e ce n’è un pizzico, è nerissima), ma drammatico, con una virata decisa verso il perturbante. Non si tratta di un film fatto per solleticare i bassi istinti dello spettatore; al contrario, questo è un film morale.

 

Più che sulla ragazza e sulle sue origini, il film si concentra sulle reazioni che la sua scoperta provoca negli adolescenti, sul rapporto tra le loro sconsiderate azioni e le conseguenze che generano e che spesso non hanno voluto.

Per i protagonisti l’esplorazione dei sotterranei del manicomio abbandonato si trasforma in una discesa nell’inferno delle proprie coscienze e dei propri desideri, un inferno dove un cane nero, novello Cerbero, fa da guardiano, un territorio senza regole nel quale ci si può sentire onnipotenti come il colonnello Kurtz nella giungla  e in cui ci si può perdere. Scopriranno a loro spese quanto il proibito sia affascinante, come attrazione e repulsione possano andare a braccetto e che giusto e ingiusto, amore e violenza, odio e amicizia possano confondersi fino a diventare indistinguibili.

Ottima la prova degli attori, specie quella del luciferino Noah Segan (veramente bravo, ci si stupisce che dopo questo film non abbia fatto una carriera sfolgorante) nel ruolo di J.T. Shiloh Fernandez (Rickie) sarà chiamato nel 2013 da Fede Alvarez a interpretare uno dei protagonisti del suo remake de La Casa. Ottima anche la fotografia, che sottolinea l’aspetto sporco e malsano del manicomio e lo separa nettamente dagli esterni luminosi, come se si trattasse di un’altra dimensione. Fanno un buon lavoro anche gli effetti speciali, nella loro semplicità e la colonna sonora è molto azzeccata.

Allo spettatore si chiede di avere pazienza nel sopportare un ritmo narrativo a volte lento (specie nella seconda parte del film) e alcuni dialoghi non troppo brillanti, ricalcati su espressioni di slang giovanilistico (“Hey yo, man, what the fuck, man?”).

 

Superati questi scogli, DEADGIRL resta un film indipendente di buona fattura, che sa sviluppare un’idea originale e morbosa fino alle estreme conseguenze e che ha il coraggio di puntare più sulla storia e sulle atmosfere che sugli effetti speciali.



scritto da: Andrea Berneschi


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