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MALEDIZIONE FATALE - recensione

Titolo: MALEDIZIONE FATALE
Titolo originale: Light At The End (The)
Regia: John Skipp & Craig Spector
Interpreti:
Anno: 1986

Un’entità maligna che si aggira per il continente europeo da oltre ottocento anni (durante i quali, tra le altre cose, ha avuto modo di istigare a crudeltà inaudite il principe di Valacchia Vlad Tepes) decide di concedersi una vacanza nella New York degli anni ‘80. Non veste alla moda, non è capace di nobili sentimenti, non ha una personalità affascinante. È l’equivalente soprannaturale di un capo della camorra, un predatore che vede gli esseri umani solo come riserve di cibo e se crea altri predatori è solo per dominarli come schiavi, inserendoli in una rigida gerarchia. Non rimane molto nella Grande Mela, ma ha il tempo di compiere una strage all’interno di un treno della metropolitana, contagiando col suo morso Rudy Pasko, un punk della Lower East Side.

 

Da semplice essere umano Rudy non era un genio del male: passava le notti a scarabocchiare manifesti pubblicitari, faceva uso di anfetamine, si comportava da opportunista con la sua ragazza e con gli amici. Trasformato in vampiro, si ritrova a gestire nuovi poteri e nuovi appetiti, ma non lo abbandonano le caratteristiche di base del suo carattere, soprattutto il narcisismo e la scarsa capacità di autocritica. La sua carriera di creatura della notte inizia con una serie di vendette private, prosegue con omicidi casuali che servono a placare la crescente sete di sangue, sfocia nel progetto di diffondere il vampirismo in tutta New York, sfruttando come nascondiglio la rete della metropolitana, un luogo perennemente protetto dalla luce del sole.

 

I vampiri descritti in MALEDIZIONE FATALE sono particolarmente orridi, torvi e schifosi. Non hanno corpi da modello (Twilight) e non sono affranti da dilemmi sentimentali tipici dei giovani (True Blood). Sono bestie affamate, i loro canini grondano sangue. Rispecchiano in pieno i canoni del movimento che si chiamò “Splatterpunk” (una denominazione che, a dire il vero, ha retto male al passare degli anni), che si proponeva di portare nei territori della letteratura d’orrore forti dosi di brutalità descrittiva, creatività anticonformista, ironia, descrizioni iperrealiste. Se i vampiri sono sporchi e cinici, anche le vittime che scelgono non sono da meno: barboni, prostitute, ciccioni appassionati di film di serie B. C’è una simpatica signora che non immagina minimamente di stare per diventare lo spuntino di un vampiro, della quale va riportata la descrizione:

 

“Lei era una donna grassa, brutta, di mezza età, con un grosso neo peloso che le deturpava la guancia sinistra. L'abito che indossava era ridicolo: un'informe massa di tessuto un tempo dai colori vivaci, ma che negli anni era sbiadito fino ad assumere una smorta opacità. I capelli le ricadevano senza vita ai lati del viso e il colore era quello degli escrementi di un cane in buona salute. […] Si rovistava nel naso con un dito flaccido, indifferente a ogni reazione. Lanciò verso i binari un frammento di muco pallido, secco”.

 

Tenta una disperata resistenza all’epidemia di vampirismo che minaccia la città un gruppetto di giovani amici appassionati di giochi di ruolo. Il loro “master” li guida dal centralino di una compagnia di spedizioni attraverso i sotterranei di una New York in disfacimento; nell’impresa saranno aiutati da un vecchio ebreo sopravvissuto ai lager nazisti. La caratterizzazione dei personaggi della squadra dei“buoni”, purtroppo, non è sempre pienamente riuscita e a volte tende a cadere nello stereotipo (il grosso e irascibile Joseph Hunter è insopportabile). Il flashback dedicato ai lager nazisti, che avrebbe potuto essere sviluppato in modo approfondito, è un po’ tirato via.

 

Per godersi questo romanzo è meglio non avere come scopo la ricerca di reconditi significati o di profonde metafore. MALEDIZIONE FATALE è soprattutto un congegno narrativo che funziona sempre e che riesce a regalare al lettore momenti di grande divertimento. Come in un buon gioco di ruolo le trappole scattano al momento giusto, gli inseguimenti sono avvincenti, i meccanismi dei trabocchetti sono ben oliati. Abbondano le citazioni dai classici del genere, le riscritture in senso parodico di episodi cult, le idee originali. Ad essere vincente è soprattutto l’ambientazione della vicenda. La caccia al vampiro non si combatte dentro vecchi castelli, cimiteri, o in una casa vittoriana abbandonata ai margini di un paesino del Maine (Le Notti Di Salem), ma attraverso le strade sporche, i quartieri malfamati, i tunnel sotterranei di una moderna metropoli. Indimenticabile la caratterizzazione del vampiro Rudy.



scritto da: Andrea Berneschi


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