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AL CREPUSCOLO - recensione

Titolo: AL CREPUSCOLO
Titolo originale: Just After Sunset
Regia: Stephen King
Interpreti:
Anno: 2008

Notoriamente incapace di darsi un limite inferiore alle millemila pagine quando si tratta di sfornare romanzi, Stephen King non ha mai nascosto il proprio sconfinato amore per forme letterarie più contenute, alle quali ha via via offerto generosi tributi in alcune splendide raccolte antologiche che – soprattutto le prime tre – sono vere e proprie miniere non solo di spaventi ma anche di creatività, di talento e di immaginazione.

 

AL CREPUSCOLO, uscito nel 2008, rappresenta un inatteso ritorno al racconto breve a soli 6 anni dalla precedente antologia Tutto É Fatidico. Dopo tante meraviglie passate, attendersi qualcosa di simile sarebbe impossibile. E, va detto chiaramente, AL CREPUSCOLO non è all’altezza di capolavori come A Volte Ritornano e Scheletri. E' una buona raccolta di racconti che si legge con piacere, che intrattiene e che scatena qualche riflessione, ma che alla fine sembra più frutto di un eccellente professionismo (rodato da decenni di esperienza) che della multiforme genialità letteraria che siamo abituati ad associare al Re.

 

Lo Stephen King dell'ultimo decennio (tale è l'arco temporale in cui sono stati scritti questi racconti, eccetto Il Gatto Del Diavolo) sembra più interessato a riflettere, con contemplativa malinconia, sul mistero della morte e dell'aldilà piuttosto che a spaventare e avvincere i lettori. Dalla lettura di questa raccolta traspare un autore per certi versi nuovo, forse segnato dal famoso incidente del '99, sicuramente più maturo ma anche più stanco. E' un King che ha rinunciato quasi del tutto al sangue, alla crudeltà, ai finali shock delle precedenti raccolte di racconti, per approdare a un immaginario più rarefatto, in bilico tra fantastico e sentimentale, evidente in storie come Willa, Il Sogno Di Harvey, Cyclette, Le Cose Che Hanno lasciato indietro, Pomeriggio Del Diploma, Il “New York Times” In Offerta Speciale e Ayana. 


 

Sono storielle tenui, a tratti dolciastre e consolatorie, spesso toccanti, ma che sembrano avere poco dei vecchi guizzi d'autore, della vecchia folgorante creatività che ci ha fatto consumare A Volte Ritornano a furia di riletture, nonostante lo stile più acerbo.

 

Gli altri racconti, più simili ai classici horror kinghiani, sono ugualmente buoni ma non esaltanti. Torno A Prenderti e Alle Strette, tesissimi e ricchi di suspense, sono null'altro che due esercizi di stile. Il black humour di Muto riesce quasi a ricordare i fasti del passato, cosa che non si può dire per l'insipido Il Gatto Del Diavolo, che pure è stato ripescato dalla primissima fase della carriera di King.

 

Non si può fare a meno di menzionare l'eccezione, ovvero il capolavoro nascosto, il racconto perfetto, quello che davvero potrebbe essere stato scritto ai tempi di Scheletri. Si tratta di N, incursione nell'orrore cosmico alla Lovecraft (con evidenti richiami sia formali che di contenuto, basti pensare che il “mostro” si chiama CTHUN) ma anche nella follia e nell'ossessione umana, con esiti assolutamente inquietanti. 


 

Alla fine, non si può certo dire che AL CREPUSCOLO sia un brutto libro, ma la verità è che King ha ormai raggiunto una tale padronanza dello stile da potersi permettere di scrivere tutto quello che vuole, rimanendo comunque su un livello sempre soddisfacente. Anche quando, come in questa manciata di racconti, l'ispirazione latita e l'immaginario si fa un po' troppo “crepuscolare”.



scritto da: Jacopo Rossi


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