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RAGAZZE VIVE - recensione

Titolo: RAGAZZE VIVE
Titolo originale: Live Girls
Autore: Ray Garton
Anno: 1987

Davey Owen lavora in una piccola casa editrice specializzata in romanzi pulp, la Penn Publishing. È il classico uomo medio in cui molti si potrebbero riconoscere. I suoi problemi non hanno niente di speciale: litiga spesso con la sua ragazza, qualche collega gli sta antipatico, ha rapporti difficili coi superiori… Quando tutto sembra andargli male (viene lasciato e licenziato) finisce quasi per caso in un peep show di Manhattan, il Live Girls. Non poteva scegliere posto più sbagliato: le ragazze che si esibiscono dietro i vetri sporchi del locale sono in realtà vampire, e approfittano dei clienti per nutrirsi di sangue. New York è minacciata da un’epidemia di vampirismo: ad affrontarla, accanto a Davey, c’è Benedek, un giornalista in pensione. Non avranno un compito facile, anche perché i succhiasangue newyorchesi sembrano godere dell’appoggio di molte personalità influenti.

 

La trama di RAGAZZE VIVE ricorda quella del film di Richard Wenk Vamp (1986), ma solo lo spunto iniziale è lo stesso. Lo scenario in cui Garton, un autore molto vicino alla corrente dello splatterpunk, ambienta il suo libro è molto più cupo: il mondo della prostituzione è caratterizzato dallo squallore e dal degrado, senza nessun ammiccamento da parte dell'autore. Siamo più vicini, semmai, agli ambienti descritti da Skipp & Spector in Maledizione Fatale (ancora 1986!). New York è una città così sporca e caotica che anche i vampiri temono per la loro salute: se succhiano il sangue di una persona che fa uso di sostanze stupefacenti, o che soffre di una malattia alla quale non sono immuni, la loro pelle si riempie di pustole e i loro arti si raggrinziscono.

 

“ […] sta accadendo qualcosa di terribilmente sbagliato, qualcosa di malvagio, e sembra che nessuno se ne accorga. Sai che c'è gente che vive nelle viscere di questa città? Pazzi che girano nudi, ridotti come bestie, che mangiano la merda nelle fogne e dormono su pile d'immondizie brulicanti di larve? Sai che in questa città ci sono ratti abbastanza grossi da portarsi via un bambino di due anni?" "Be', ho sentito qualcosa..." "Sì, hai sentito qualcosa, ma non ci hai mai pensato più di tanto, vero? Nessuno lo fa. Quando qualcosa è troppo sballato, troppo orrendo, lo si ignora o lo si giustifica in qualche modo. E quello che credo stia accadendo anche questa volta. Si sta verificando qualcosa di molto sbagliato e lo si ignora."

 

E’ un peccato che il californiano Garton sia poco conosciuto e poco tradotto in Italia: scrive in modo semplice e scorrevole, porta in scena personaggi credibili, ai quali il lettore si affeziona, è dotato di un proprio originale stile. Come notava Paul M. Sammon presentandolo nell’ormai mitica antologia Splatterpunk, il suo maggior talento sta nel “miscelare l’orrido e il sensuale”. Nelle sue storie sesso e sangue sembrano essere i temi più ricorrenti: Garton ne tratta in modo originale, mai facile e gratuito, e sempre in funzione della trama e del significato complessivo dell'opera.

 

La progenie di Dracula è da sempre collegata nel nostro immaginario a un alone di erotismo. I vampiri e le vampire di questo romanzo non fanno certo eccezione, anzi; la componente erotica è uno dei loro aspetti dominanti. Il rapporto che creano con le loro vittime umane è spesso legato alla sfera sessuale, al punto che queste se ne possono anche innamorare. La sete di sangue è un perfetto analogo dell’eros: un impulso incontrollabile, fisiologico, che deve essere soddisfatto a tutti i costi, ma che fa scontrare chi lo prova (soprattutto se è agli inizi) coi propri sensi di colpa.

 

“Non riusciva a soffermarsi su quei pensieri. Continuava a pensare alla città che si stendeva sotto di lui, brulicante di milioni di persone, milioni di cuori che pompavano sangue caldo lungo le vene e le arterie...”


Garton va molto oltre il livello di erotismo normalmente presente in un romanzo horror: nelle sue mani il tema del vampirismo si arricchisce con scene di sesso esplicito e con trovate estreme. Per dirne una, le spogliarelliste dai canini affilati non succhiano il sangue mordendo solo sul collo...

Sul sito della Giulio Einaudi Editore di Garton si dice testualmente che “È forse il piú maturo e completo degli autori dell'ultima generazione, in grado di competere sul piano dell'intreccio con Stephen King e su quello dell'impatto e della carnalità delle scene con Clive Barker. Che dire? Questi paragoni ci sembrano un po’ troppo azzardati, ma non sono neanche del tutto gratuiti.

 

Curiosità: il brano di Garton presente nell’antologia Splatterpunk è intitolato "Crucifax Autumn capitolo 18, il capitolo censurato”. In realtà non si tratta di un racconto, ma di un capitolo del romanzo “Crucifax Autumn” che fu espunto dagli editori al momento della pubblicazione (nell’edizione del 1988). Di cosa parlava? Basti dire che c’erano di mezzo un aborto, il rapimento di un sacerdote e una scena di cannibalismo.

 

Garton ha scritto In A Dark Place: The Story Of A True Haunting (1992) insieme a Lorraine Warren, Al Snedeker e Carmen Snedeker. Il libro riguardava la presunta infestazione di Southington, la stessa da cui è tratto il film “Il Messaggero / The Haunting In Connecticut” (2009) ed era stato presentato come non-fiction, inchiesta riguardante reali fenomeni paranormali. In seguito l’autore lo ha descritto come “il punto più basso di tutta la [sua] carriera” e ne ha sottolineato il carattere romanzesco. Ha dichiarato, tra l’altro: “La famiglia coinvolta, che stava attraversando alcuni gravi problemi come l'alcolismo e la tossicodipendenza, non riusciva a tenere in piedi la loro storia, e sono diventato molto frustrato: è difficile scrivere un libro non-fiction in cui tutte le persone coinvolte stanno dicendo storie diverse”.



scritto da: EL MUERTO


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