LUCIA PATRIZI: intervista marzo 2021

Da quasi dieci anni il blog Il Giorno degli Zombi è un punto di riferimento per gli appassionati di horror italiani. La sua curatrice, Lucia Patrizi, è anche scrittrice, podcaster, montatrice video... e soprattutto una grande appassionata di cinema di paura. Le abbiamo chiesto di rispondere a qualche domanda sul suo lavoro e sullo stato di salute del nostro genere preferito!
[Intervista a cura di Michele Borgogni]
Prima domandina facile facile: periodicamente salta fuori la storia che l'horror è morto, o almeno moribondo, e ogni volta puntualmente il genere ritorna in auge, spesso rinnovandosi in maniera radicale. Come sta, oggi, l'horror?
Prima di tutto, grazie per aver voluto fare questa chiacchierata con la sottoscritta e grazie per la prima domanda, perché è un mio cavallo di battaglia! L'horror sta vivendo uno stato di forma incredibile da almeno 6 anni a questa parte. Dico 6 anni perché faccio coincidere l'inizio di questo "rinascimento" del genere, dopo un periodo piuttosto cupo, con l'uscita di The Babadook, di Jennifer Kent. Però, ed è anche un'ovvietà, non si tratta dello stesso horror con cui la mia generazione è stata svezzata negli anni '80. Forse per questo molti fan del genere fanno fatica a riconoscersi in questo nuovo modo di fare cinema dell'orrore, più intimo e autoriale, se vogliamo, ma anche molto politico, molto simile all'horror degli anni '70, quindi un po' più ruvido, meno compiacente e accondiscendente nei confronti del pubblico rispetto a quello del decennio successivo. E poi c'è da considerare la novità assoluta rappresentata da tante donne che si sono messe dietro la macchina da presa. Kent è stata soltanto la prima di una lunga serie. Non solo donne: abbiamo registi di colore, registi asiatici, registi appartenenti alla comunità LGBTQ+, e tutti loro non fanno altro che dare al cinema dell'orrore nuove prospettive e nuovi punti di vista. Per alcuni, è diventato semplicemente irriconoscibile; per altri, come me, è un paradiso.
Un altro dei pregiudizi sul cinema dell'orrore è che si tratti di un genere conservatore, spesso "regressista" se mi passi il termine. In particolare negli ultimi anni invece trovo che l'horror sia diventato uno dei generi più politici e innovatori, con un'agenda spesso molto più avanzata rispetto anche al suo pubblico. Che ne pensi?
Io credo che l'horror sia un genere sovversivo sin dalle origini: pensiamo ad autori come James Whale e Tod Browning, tanto per fare un esempio. C'è, sicuramente un horror con una fortissima componente conservatrice, o addirittura reazionaria, e mi viene in mente tanto fanta-horror anni '50 e gran parte dello slasher anni '80. Ma, come diceva King, si tratta di una doppia faccia, anzi, di un "doppio licantropo", per usare le sue stesse parole: dietro la maschera del mostro spaventoso c'è un repubblicano in doppio petto, e dietro il repubblicano in doppio petto, c'è un clown che ti fa le boccacce e balla sulla distruzione di tutto ciò che esiste di sacro. Certo, alla fine di gran parte degli horror, almeno fino a una ventina d'anni fa, c'era sempre il ripristino dello status quo, però ciò che contava davvero, era quanto accaduto negli 89 minuti precedenti il ripristino, ovvero caos puro. La differenza sostanziale con l'horror contemporaneo è che oggi non ci si disturba neppure a salvare le apparenze e a ripristinare lo status quo, perché lo stato delle cose da cui parte ogni horror non è più considerato desiderabile come accadeva 40 anni fa. E anche questa è una caratteristica non del tutto nuova: è mutuata dal new horror degli anni '70.
Paura e Delirio, il podcast che registri con Davide Mana, è appena arrivato al traguardo dei diecimila ascolti. Sono due ore (e spesso più) ogni settimana di chiacchiere in libertà su film spesso poco conosciuti o fuori moda. C'è spazio per una narrazione del genere in un mondo che sempre più spesso si va uniformando verso l'ultima novità del momento? Ci fai un bilancio di questo primo anno?
Ancora dobbiamo compiere un anno, in realtà: la nascita del podcast risale a maggio 2020, quindi siamo proprio dei poppanti. Io credo che ci sia spazio, perché la necessità di divorare subito un contenuto appena uscito, per poi parlarne un paio di giorni sui social con i propri contatti e dimenticarlo non appena ne arriva uno nuovo, è una necessità indotta. Con Paura & Delirio abbiamo anche parlato di film recenti, ma cerchiamo di affrontarli con una certa lentezza, non so se mi spiego. Abbiamo optato sin dall'inizio per degli episodi di lunga durata anche perché i podcast a cui ci ispiriamo sono così, e perché, in fin dei conti, ci piace chiacchierare di cinema e di tanti altri argomenti. Devo dire che, dopo quasi un anno di lavoro, siamo molto soddisfatti; abbiamo raggiunto i 10.000 ascolti e, per un podcast come il nostro, è un risultato molto incoraggiante.
Quando ti ho chiesto se eri disponibile a una piccola intervista per Filmhorror.com ti ho definita "una personalità dell'horror italiano", e tu ti sei schermita. Eppure sono ormai molti anni che il tuo blog Il giorno degli zombi è seguitissimo, e conosco diverse persone esterne a quella che una volta si chiamava blogosfera e "non addetti ai lavori" che quando non sanno che film guardare vanno a leggere le tue recensioni e i tuoi consigli. Senti un po' la responsabilità? :)
Mi sono schermita perché quando mi dicono che mi seguono, mi sembra sempre paradossale. Però sì, dopo dieci anni (il blog li compie a maggio) che scrivo quasi tutti i giorni, comincio a sentirla, la responsabilità. Soprattutto da quando ho smesso, salvo rarissime eccezioni, di parlare di film che non mi piacciono, sento la responsabilità di consigliare a chi mi legge un film che magari non è nelle loro corde. Ma la responsabilità maggiore, se proprio dobbiamo utilizzare questo temine un po' spaventoso, deriva dall'argomento principale del blog, ovvero l'horror, un genere che richiede un certo grado di responsabilità nell'essere maneggiato. È una consapevolezza cui sono arrivata con gli anni, ma credo mi abbia aiutato a essere una blogger migliore rispetto a quando ho iniziato.
Parliamo della tua produzione letteraria: hai all'attivo due romanzi autopubblicati e un terzo per Acheron. L'ultimo Nightbird risale al 2018; a quando qualcosa di nuovo?
Questa è una bella domanda! La risposta, purtroppo, è che non lo so. Ci sono scrittori, che io conosco personalmente, in grado di scrivere sempre, e hanno tutta la mia ammirazione e la mia stima. Loro sono velocissimi, dei veri professionisti. Io, al contrario, per scrivere un romanzo ho bisogno di tutta una serie di condizioni favorevoli che non si presentano nella mia vita da un po' di tempo, quindi, piuttosto che scrivere una cosa non soddisfacente, preferisco aspettare.
I tuoi romanzi sono molto diversi tra di loro, ma trovo che una cosa che li accomuna oltre ad alcuni temi ricorrenti sia la presenza di una passione fortissima, straziante, una caratteristica non troppo comune nel genere. La sensazione è che le tue storie combattano per essere raccontate, che tu le senta visceralmente. Quale è il tuo rapporto con la scrittura?
Non è un rapporto facilissimo, nel senso che, quando riesco a cominciare a scrivere sul serio, e quindi ad avere la concentrazione e il tempo sufficienti, mi diverto un sacco, ma per il resto del tempo mi sento in colpa perché non scrivo. Proprio perché esiste, come dici tu, questa passione fortissima per raccontare storie, un certo tipo di storie, quando non posso o non riesco a farlo, mi sermbra di scivolare in una sorta di apatia intellettuale. Da questo punto di vista, il blog mi aiuta molto: anche se non è narrativa, è un esercizio costante e, se non altro, non mi arrugginisco troppo.
Non conosco la tua storia personale, ma da alcuni dettagli che ho carpito ascoltando il tuo podcast mi è sembrato di capire che sei cresciuta nel mondo del cinema (tuo nonno ha prodotto dei film di Mario Bava o ho capito male?). Ci racconti come è nata la tua passione?
Il cinema è una passione e un mestiere: per guadagnarmi da vivere faccio l'assistente al montaggio e la montatrice video. Inoltre, la mia famiglia fa cinema da anni. Mio nonno e mio padre lavoravano entrambi in produzione, e sì, è vero: mio nonno ha prodotto alcuni film di Mario Bava, tra cui Sei Donne per l'Assassino, e Bava stesso è stato un amico di famiglia. Per tutti questi motivi, possiedo delle nozioni sulla pratica di fare un film che mi aiutano a parlare di cinema con cognizione di causa. So come si produce un film a bassissmo budget, conosco tutte le difficoltà, riconosco il mestiere che c'è dietro a quello che vediamo tutti i giorni. Spesso è una fregatura perché mi succede di guardare un film con uno sguardo troppo "tecnico", ma la passione, in un certo senso scritta nel DNA, rimane.
Domani ti chiama Jason Blum e ti promette quindici milioni di dollari di budget e carta bianca creativamente per portare al cinema un racconto horror di un autore italiano. Quale scegli?
Così, a bruciapelo, scelgo Dalle Colline con la Piena del mio collega di podcast Davide Mana, perché è una rivisitazione tutta italiana de Il Mostro della Laguna Nera ed è perfetto per la Blumhouse. Si potrebbe persino inserire nel loro progetto del Dark Universe.
Domandina finale un po' banale, ma siamo su Filmhorror.com e non posso esimermi: ci consigli tre film recenti che i lettori del sito potrebbero non conoscere?
Allora, ti nomino tre film recentissimi, tutti usciti all'inizio del 2021: Lucky, di Brea Grant, Saint Maud, di Rose Glass, e Willy's Wonderland, di Kevin Lewis.