ALLELUIA (recensione): l'amore dal regista di Calvaire...

Dal regista di Calvaire.
E' la storia vera di una coppia: lei sola, bruttina che si innamora perdutamente di un buffone che rimorchia donne brutte per vivere della loro carità. Si incontrano, ma lei si lega a lui ed è disposta ad accettare tutto pur di stargli vicino. Anche le altre donne. Ed è così che lui inizia a cambiare casa in casa di queste persone, spacciando lei come una sorella che si porta appresso. Lei catalizza la gelosia e il dolore fino al punto che puntualmente ammazza la donna di turno. Lui la ama però, la comprende e continuano imperterriti così
L'amore è un virus purissimo, necessario e malvagio che contamina chiunque. Alla terza tappa di questo doloroso tragitto du Welz (tra i 5 autori più grandi usciti negli ultimi anni in assoluto), alza ancora l'asticella e gira un devastante affresco che lascia attoniti e tramortiti.
Se si pensava che dopo Vinyan fosse difficile andare oltre, ci sbagliavamo di grosso: una storia devastante perché dolce e spietata come solo questo sentimento può essere. Un lavoro attoriale, di immagini e suoni che lascia ammutoliti.
ALLELUIA è un film che dovrebbe avere "le avvertenze per lo spettatore" perché fa male, male davvero e quando si accendono le luci della sala, ti lascia immerso nella solitudine più totale, in un buio impossibile da illuminare. Non è quello di una stanza con le luci spente o quello del sole che indica l'inizio e la fine di un ciclo: è quello di cui siamo fatti dentro e i raggi del sole non possono raggiungerlo.
L'odio non è una soluzione e l'amore forse è anche peggio. Un punto di non ritorno così puro e massacrante che ti rimane dentro come un cancro. E' fissare un enorme falò, nudo e cosciente di quello che si è deciso abbracciare. Fuori da ogni giudizio, siamo i fallimentari dei di noi stessi e questo è il nostro inferno personale.
Non c'è gore, non c'è "genere" o exploitation. Ma fa una paura boia e fa malissimo.
Capolavoro.