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STEFANO BESSONI: intervista gennaio 2009

Benvenuti su Voci dal Profondo: il cinema dell'orrore raccontato dai protagonisti.

L'intervista che segue è stata realizzata in un caffé di Roma nel gennaio del 2009 pochi giorni prima dell'uscita nelle sale di IMAGO MORTIS.

 

Provata dai faticosi turni di notte all’archivio e da una forma di insonnia sempre più acuta, la lucidità di Bruno, studente spagnolo di regia presso la scuola internazionale di cinema Murnau,  comincia a vacillare. Il giovane, ipersensibile e di indole visionaria, inizia a percepire strane cose, visioni, senza riuscire più a distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è. Presenza ricorrente di tali apparizioni è un ragazzo insanguinato che sembra - e Bruno ne è sempre più convinto - volerlo guidare alla scoperta di qualcosa…

 

Questa in due parole la trama di Imago Mortis, anche se non c’è dubbio che nel film ci sia molto, ma molto di più. Conosco Stefano Bessoni da un po’ e la prima volta che l’ho incontrato è stato per parlare del suo lungometraggio, Frammenti di Scienze Inesatte, una sorta di esperimento fatto con gli alunni della Nuct dove Stefano insegnava fino al 2007. Occupandomi di horror indie, il suo film rientrava in quelli assolutamente da vedere e così riuscì a procuramene una copia. Frammenti di Scienze Inesatte si rivelò una vera sorpresa e immediatamente raggiunse la vetta della mia personale greatest hits italiana del 2005. 

 

Nei mesi a seguire poi il film di Bessoni divenne un vero e proprio caso nell’undergorund di casa nostra, vuoi perché aveva un soggetto decisamente inusuale e vuoi perché la regia, la recitazione e la scenografia erano tutt’altro che roba da dilettanti. Così tra un festival e l’altro ci fu per me occasione di incontrare Stefano più di una volta e di conoscerlo meglio, scoprendo tra l’altro che si trattava di un artista incredibilmente poliedrico, regista si, ma anche scrittore, ricercatore e ottimo disegnatore.

 

All’epoca Imago Mortis era solo una splendida storia e nient’altro.

 

Oggi quella storia è diventata un film, ma non un film qualsiasi, bensì un gotico horror made in Italy (con coproduzione della Telecinco spagnola e la industrial Distribution Ltd irlandese) come quelli che non se ne vedevano da tempo, con tanto di cast d’eccezione che comprende tra gli altri Geraldin Chapline (figlia del grande Charlie Chaplin) Alberto Amarilla (Mare Dentro di  A. Amenabar), Oona Chaplin (figlia di Geraldine), Leticia Dolera e Alex Angulo (El dia della bestia, il labirinto del fauno).

 

Imago Mortis, girato a Torino, fotografato meravigliosamente da Arnaldo Catinari è destinato a far parlare di sé nei mesi a venire, grazie anche alle ottime scenografie di Briseide Siciliano, i costumi di Alessandra Torella e gli effetti digitali di Bruno Albimarini. Così, quando qualche giorno fa ho incontrato nuovamente Stefano, ne ho approfittato per fargli un po’ di domande…

 

 1) Allora Stefano, ci siamo, accidenti, sono emozionato anche io che un po’ questo progetto l’ho visto nascere. Imago Mortis, prestissimo al cinema. Un trailer che piace a tutti quanti e che è davvero degno di un grande film. Dai, dimmi che si prova

 

Il trailer piace a tutti? Che cosa fighissima!!! Chi te lo ha detto? Dai racconta….

 

2) Beh posso dirti che tutti quelli che conosco e che lo hanno visto al cinema hanno detto che funziona alla grande. Ci sono amici che mi hanno telefonato entusiasti. Perfino su facebook, ho letto un sacco di commenti positivi. Mi sembra un buon test…

Stai per sbarcare nelle sale…

 

Prestissimo al cinema… è vero. E’ una sensazione stranissima, un misto tra emozione e strizza, tra normalità ed incredulità. Dopo tanti anni passati sulla scena del cinema indipendente, delle rassegne e dei festival per filmaker è strano vedere che un tuo film sarà programmato al cinema sotto casa. E’ quello che speri e ti aspetti da una vita, poi ecco che magicamente un giorno arriva e la sensazione è come se avessi paura che qualcuno te lo porti via.

 

 

3) Imago Mortis, una ghost story che fa pensare un po’ a Tim Burton, un po’ a Terry Gilliam e un po’ a Del Toro. Ma come è saltato fuori questo progetto? In Italia una cosa del genere sembrava impossibile…

 

Si, sembrava impossibile, e lo sembra tuttora visto che continuo a sentir dire che il cinema horror, o di genere, in Italia non si può fare e che non c’è richiesta da parte del pubblico. Io sinceramente spero che da noi possa succedere quello che è successo in Spagna, dove un gruppo di autori formidabili ha gettato le basi per la rinascita del cinema horror europeo: Balaguerò, Amenabar, Bajona, Plaza… Sinceramente, visto l’apporto produttivo da parte spagnola dato al mio film, la tentazione di trasferirmi su suolo iberico per continuare a fare film è grandissima e se me ne verrà data l’occasione non me la lascerò di certo sfuggire. Però sono contento di aver realizzato il mio primo “vero film” in Italia e spero che questo possa contribuire a rilanciare il cinema horror in Italia.

Volevo fare un horror di stampo fiabesco, una favola nera, come più volte mi hai sentito ribadire e per riuscirci ho dovuto un po’ barare, perché quando tu tenti di spiegare quello che intendi fare, soprattutto se sei un emerito sconosciuto, tutti sono scettici e ti dicono che Burton, Gilliam e Del Toro, sono cose che noi non dobbiamo neanche pensare. Così ho lasciato credere che avrei fatto un film calato nella solita “normalità visiva”, ambientato ai giorni nostri, in una scuola normale, una sorta di teen-horror, seppure europeo… e poi timidamente ho messo in fila le mie proposte ed una volta sul set ho creato, grazie ad un gruppo di amici fidati, il mio mondo visivo. Comunque ora sono molto contento del risultato e penso di aver confezionato un buon film, che mi auguro che non deluderà le tante aspettative del pubblico.

 

4) Non dimentico il giorno che ci siamo incontrati a Piazza Re Di Roma e tu stavi per cominciare le riprese. Avevi un aspetto orribile, ho pensato che saresti morto sul set… Raccontami l’inizio del progetto dai, i primi giorni, quando ancora il set sembrava un mezzo miraggio…

 

Ricordo anche io quel giorno, ma non era prima delle riprese, era subito dopo e ci sono stati giorni che anche io ho pensato che non ce l’avrei fatta, che non sarei arrivato alla fine delle riprese. La tensione psicologica e anche fisica alla quale sono stato sottoposto è stata terribile. Ho capito che fare il regista non è difficile, se conosci bene il tuo lavoro ed hai qualcosa d’interessante da raccontare, questa è la parte facile del lavoro, la parte drammatica è difendere il film, le idee, le tue visioni dalle continue incursioni di tutti quelli che vogliono importi, a volte anche in maniera violenta, il loro modo di vedere le cose.

La gestazione del progetto è stata lunghissima: 5 anni, varie produzioni cambiate, innumerevoli persone che arrivavano, si occupavano del progetto e poi cadevano come mosche, e una quarantina di riscritture della sceneggiatura affiancato dai collaboratori che mi venivano imposti di volta in volta. La reale realizzazione del film è durata un anno nella fase di pre-produzione ed un altro anno tra preparazione, riprese, montaggio e post-produzione.

Il primo giorno è stato veramente emozionante. Fortunatamente, preso dalla stanchezza dell’ultimo giorno di prove con Oona e Alberto avevo dormito, e all’alba, quando sono arrivato sul set, ho visto via Po, a Torino, transennata e occupata da una colonna interminabile di camion, camerini, furgoni di attrezzature… non riuscivo a credere che fossero per me, per il mio film. Per la prima volta mi sono sentito un regista, fino ad allora provavo quasi timore a dire che faccio il regista. Ti aspetti sempre che ti rispondano: Ma dai? E che film hai fatto?

Le ultime prove sul set con gli attori e poi il primo ciak. Azione!!! E vai… tranquillo come se avessi sempre fatto quello nella vita, te l’ho detto non è diffide fare il regista nel mestiere di regista.

 

5) Curiosità: come è stato lavorare con Luis Berdejo (REC.), sceneggiatore che in Spagna tutti i fan del cinema horror tengono sul palmo della mano?

 

Lavorare con Luis è stato fantastico. Anche se all’inizio sono partito un po’ sulla difensiva mi sono immediatamente accorto che eravamo sulla stessa lunghezza d’onda. Condividiamo gli stessi gusti e la medesima impostazione visiva; insomma è scattata subito una sintonia totale che ha fatto sì che in due settimane di lavoro nascesse la sceneggiatura definitiva del film. Delle stesure precedenti non è rimasto praticamente nulla.

Dovresti vedere i suoi cortometraggi, sono fantastici. E ora anche lui ha terminato il suo primo film, girato e prodotto negli USA, con Kevin Kostner come protagonista.

Abbiamo lavorato insieme a Madrid per un paio di settimane. Lo scoglio della lingua è stato superato dopo cinque minuti, mescolando birra, tapas, italiano, spagnolo e inglese e quando proprio non riuscivamo a capirci ci aiutavamo tutti e due con i disegni. Sinceramente spero di collaborare nuovamente con Luis nei miei progetti futuri.

 

6) Quanti giorni sono durate le riprese di Imago Mortis?

 

Sei settimane di preparazione e otto settimane di riprese. Una vera “sgroppata”! Tutto l’inverno a Torino e dintorni, temperatura dei set 0° in interno e –6° in esterno.

 

7) Nelle tue storie, c’è sempre questa componente fantastica che strizza l’occhio alla fantascienza. Mi sembra particolarmente interessante, perché credo che l’Italia sia un paese che alimenta moltissimo l’immaginario fantascientifico. E’ qui, in piena provincia dell’Impero, alle soglie del Terzo Mondo, che si può davvero vedere il futuro e comprendere dove stiamo andando. La provincia incarna il futuro molto più del grande centro dove ognuno può trovare un po’ la sua dimensione e quindi è un po’ meno condizionato. Anche in Imago Mortis c’è un po’ di fantascienza…

 

Si, hai ragione, ma direi “fanta-scienza” nel vero senso della parola, infatti mi piace giocare con il mondo della scienza, rimanendo in una labile terra di confine che possa insinuare il dubbio tra il vero ed il falso, sullo storicamente accertato ed il totalmente inventato. Sono un ricercatore instancabile nel campo delle scienze anomale, o inesatte che dir si voglia.  Non mi muovo in un territorio fantascientifico futurista e tecnologico, piuttosto in un mondo barocco reinventato e adoro la fantascienza a vapore post-vittoriana. Che poi tutto questo possa rappresentare un possibile futuro… certo è possibile. In fondo le epoche si ripresentano ciclicamente, trasformate dal peso e dagli errori dell’evoluzione del sapere umano.

Imago Mortis è un film sulla protoscienza e sul bisogno ossessivo di fermare il tempo e le immagini nel tentativo effimero di poter fermare la morte e vincere così l’ineluttabile caducità dell’essere umano. In fondo il motivo per cui faccio cinema è proprio questo.

 

8) Ok, Steampunk quindi, ma Imago Mortis è anche una storia di fantasmi…

 

Certo, altro ingrediente vittoriano al quale non riesco proprio a rinunciare. Se dovessi coniare un termine per dare una definizione stilistica al mio film non esiterei ad azzardare “neo-vittoriano”. “Imago mortis” è nato dal desiderio di costruire una favola nera, una fiaba gotica popolata di spettri terribili, di ragazzi indifesi che cercano di sfuggire ad un gioco sanguinario, di anime candide che, dopo un esistenza tormentata, non esitano a sacrificarsi nel nome del bene. Spettri, la magia delle immagini e quindi la “phantasmagoria”, lanterne magiche, rettili, sette, complotti, insetti, … e la thanatografia.

 

9) Bella idea la thanatografia. La prima volta che ne ho sentito parlare pensavo esistesse davvero.Hai anche progettato un thanatoscopio funzionante insieme a Lenoardo Cruciano che si è occupato magistralmente di tutto il prosthethics.

 A proposito, spiegheresti a chi non lo sa  cos’è la thanatografia…?

 

La thanatografia, intesa come tecnica è una pura invenzione, anche se affonda le radici in vere sperimentazioni. Le scienze occulte e l’alchimia mi hanno sempre attratto. Ho affrontato diversi studi sull’argomento, mi sono documentato il più possibile e la cattura delle immagini è senza dubbio uno dei mondi più affascinanti in cui mi sia imbattuto. Catturare la morte nell’occhio del cadavere è qualcosa che va al di là di ogni immaginazione, nonché un tema che ha a che fare direttamente con qualcosa di soprannaturale. E’ per questo che ho inventato Girolamo Fumagalli, il personaggio cardine del film, un misterioso scienziato occulto del Seicento che inventò una macabra tecnica denominata thanatografia e costruì per l’appunto il thanatoscopio, strumento con cui fotografare la permanenza retinica della morte nell’occhio del cadavere.

Tutto questo poggia le sue basi su reali sperimentazioni scientifiche, sugli effettivi studi del Kircher, figura strabiliante e realmente esistita, sulle esperienze ottiche di Newton, sugli studi anatomici e scientifici dell’epoca barocca.

 

10) Su Imago Mortis, c’è un cast davvero interessante, Geraldine Chaplin, ma anche sua figlia Ooona, Alberto Amarilla e  Li hai scelti personalmente o è stata una cosa decisa dalla produzione?

 

Li ho scelti personalmente facendo casting a Londra, Madrid e Roma, chiaramente sempre con il benestare dei vari produttori e tenendo ben presenti le loro esigenze.

 

11) Quanto è costato alla fine Imago Mortis?

 

Poco più di tre milioni di euro, non saprei dirti la cifra precisa al centesimo. La fase di montaggio e di post-produzione si è un po’ allungata e questo ha fatto ingrandire leggermente i costi.

 

12) In quanti paesi uscirà Imago Mortis?

Per adesso in Italia e in Spagna, poi tutto dipenderà dalle vendite internazionali e dalle eventuali partecipazioni ai festival.

 

13) Il film all’inizio sembrava dover arrivare nelle sale presentato da Guillermo Del Toro. Come è andata a finire poi?

 

Era solo un ipotesi, visto che il film è coprodotto da Telecinco Cinema, gli stessi produttori de “Il labirinto del fauno” e “The Orphanage”, ma per fare questo Del Toro avrebbe dovuto seguire in prima persona tutte le fasi di lavorazione del film, visto che è una persona molto seria e scrupolosa, che non regala o vende il suo nome a fini commerciali, quindi non è stato possibile ripetere ciò che aveva fatto per il film di Bajona.

 

14)Parliamo di cinema indipendente. Hai cominciato come filmaker indipendente, poi sei arrivato alla NUCT come docente e hai tirato fuori quel piccolo capolavoro che è Frammenti di Scienze Inesatte. Mi ricordo quando lo presentasti al Pesar Horror Fest. Come  si arriva a fare un film per la sala, partendo dal cinema indie? Francamente continua a sembrarmi una cosa difficilissima…

 

Non lo so, non c’è una risposta sicura. Potrei dirti tenendo duro, non mollando mai, prendendo botte terribili e rialzandomi sanguinante e con le ossa rotte. Le ossa piano piano si sono riaggiustate e mi sono fortificato. Certo, rimangono dolori e cicatrici, ma sono proprio quelle che mi ricordano di non abbassare mai la guardia. Quello che mi ha sempre spinto ad andare avanti è che non avevo scelta, volevo farlo e basta e non volevo trovarmi un giorno ad avere rimpianti e a piagnucolare su quello che avrei potuto fare e che non avevo fatto, l’ho fatto e basta. Il problema è che tutto questo è solo l’inizio ed ho una paura fottuta per il futuro.

“Frammenti di Scienze Inesatte” è stato un film indipendente in cui ho creduto e credo tuttora molto e mi auguro che prima o poi possa trovare una distribuzione home video. Nonostante la mancanza di mezzi e l’uso obbligato del digitale credo che sia un piccolo film con tanti spunti validi ed interessanti. E’ stato oltretutto un’ ottima palestra per prepararsi ad un set molto più impegnativo come quello di Imago Mortis.

Prima di Frammenti ci sono un infinità di altri lavori che ho portato in giro per festival e che mi hanno permesso di organizzare le idee e le capacità tecniche… se vai su youtube trovi qualche assaggio del mio passato da filmaker indipendente.

Credo che continuerò a fare film indipendenti e con pochi mezzi. E’ fondamentale per la salvaguardia delle idee e della propria identità autoriale. Quindi aspettati di incontrarmi non solo in sala ma nuovamente al PesarHorrorFest e a tutte le altre rassegne indie.

Quanto alla Nuct che dire? E’ una di quelle cicatrici di cui ti parlavo prima. Non so che darei per continuare ad insegnare, ma il fatto che mi sono allontanato per qualche mese per girare il film ha fatto si che venissi sostituito senza tanti complimenti, dimenticandosi di otto anni di insegnamento, svolti con tanta passione e credo ottimi risultati.

 

15) A proposito di digitale. Ormai, anche i grandi registi si stanno orientando in questa direzione. La pellicola pare avere le ore contate, che ne pensi?

 

E’ un discorso lungo e complesso. La pellicola non ha le ore contate e il digitale HD fa passi avanti da gigante. Io sono un fanatico del digitale, ma sono anche un estimatore della fotografia in pellicola. Credo che oggi il sistema migliore sia un sistema ibrido, ovvero girare in pellicola e poi trasferire tutto in digitale per il controllo delle manipolazioni sull’immagine e la perfetta gestione degli effetti digitali aggiunti. Bisognerebbe invece passare alla proiezione HD in sala, in modo da mostrare al pubblico il risultato massimo della pellicola post-prodotta in digitale. Proiettando così il risultato è strabiliante.

E poi avrei un idea: la cinethanatografia. Uccidendo contemporaneamente 24 persone al secondo….

 

16) Spike Lee dice che il futuro del cinema è La Rete,, tra l’altro so che hai anche un blog www.stefanobessoni.blog.tiscali.it, che ne pensi?

 

Penso che la rete possa aiutare molto il cinema, ma non può e non deve sostituirsi al cinema. Un film va visto al cinema, su uno schermo grande, un audio avvolgente e insieme a tante persone che condividono le tue stesse emozioni. E’ un rito, un momento magico…



scritto da: Francesco Cortonesi, 17/12/2012


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